La concorrenza sleale modalità e conseguenze della violazione dei principi professionali

La concorrenza sleale: modalità e conseguenze della violazione dei principi professionali

Cos’è la concorrenza sleale

Per concorrenza sleale, si intende l’uso di pratiche e comportamenti messi in atto attraverso mezzi poco leciti o scorretti al fine di ottenere dei vantaggi sui propri competitori o, almeno, creare loro un danno.

Il concetto si applica soprattutto all’ambito economico ed è sanzionato dagli articoli 2598-2601 del Codice Civile; la caratteristica della concorrenza sleale è l’assenza dei principi della correttezza, i quali dovrebbero essere alla base di qualunque attività professionale.

Esistono differenti atti che possono essere inseriti sotto il concetto di concorrenza sleale, tuttavia la giurisprudenza, non potendo preventivamente individuarne le forme, identifica di volta in volta gli atti che vengono ritenuti illeciti e denunciati come tali da chi subisce il danno.

Affinché la parte danneggiata si rivolga al giudice, non è necessario il pieno riscontro della colpa o del dolo, é sufficiente che l’atto sia idoneo al danneggiamento dell’azienda perché possa essere richiesta l’immediata cessazione del comportamento.
Tuttavia, per accertare e quantificare il danno, è necessaria la prova del danno subìto, specie se patrimoniale.

Vediamo alcuni degli atti che già rientrano nella concorrenza sleale con un sguardo approfondito sullo sviamento di clientela.

In cosa consiste lo sviamento di clientela

Con il concetto di concorrenza sleale per sviamento di clientela, si intende la sottrazione, da parte di un concorrente, di risorse proprie dell’azienda o l’utilizzo delle conoscenze acquisite in un precedente impiego presso la stessa azienda per sottrarre la clientela offrendo loro condizioni più vantaggiose o un prodotto che è una copia perfetta dell’originale ma ad un prezzo più basso.

Tale attività rientra già nelle pratiche di concorrenza sleale, al comma 3 dell’articolo 2598 del Codice Civile; tuttavia, affinché venga accertato lo sviamento della clientela, è necessario che l’imprenditore danneggiato fornisca prove tangibili del danno subìto.
Preventivamente, questi, dovrebbe monitorare l’attività dei competitori e badare ai cambiamenti che incassa il suo bacino di utenti.

A seconda delle attività messe in opera per sviare la clientela, gli elementi da offrire in sede giudiziaria sono diversi; ad esempio, se alla base c’è la contraffazione del marchio bisognerà fornire prove della titolarità del marchio e dell’effettiva circolazione di un prodotto che ne è una fedele riproduzione.
Se, altresì, alla base vi è la diffamazione, occorre raccogliere delle testimonianze, anche di terzi, sulle dichiarazioni che hanno denigrato l’azienda o il suo titolare.

I criteri di valutazione del danno da sviamento della clientela variano di caso in caso; la giurisprudenza fornisce linee guida solo in situazioni inerenti la violazione del marchio o del brevetto, negli altri casi si seguono linee generali che prevedono la restituzione degli utili ottenuti sotto concorrenza sleale da parte del competitore e la dimostrazione di tutti i danni subiti dall’azienda vittima dell’atto sleale.
Il risarcimento avviene ad attività cessata, poiché, qualora l’attività di concorrenza sleale sia ancora in corso si può chiedere l’immediata cessazione.

Altri atti di concorrenza sleale

Oltre allo sviamento della clientela vi sono diversi atti considerati di concorrenza sleale; tra questi, l’imitazione di un segno distintivo, che può creare confusione nel consumatore, la diffusione di notizie false riguardanti prodotti o attività dell’azienda concorrente al fine di screditarla, l’appropriazione di pregi che non sono di propria competenza.

Come già accennato, è la giurisprudenza che, di volta in volta, individua atti e comportamenti che possono rientrare nella concorrenza sleale; tuttavia alcuni sono ben definiti come, ad esempio, la concorrenza parassitaria, la quale si definisce come la sistematica imitazione della strategia imprenditoriale; il dumping, la vendita a prezzi ribassati di un prodotto per eliminare la concorrenza; la pubblicità menzognera, che esagera nell’attribuzione di pregi ai propri prodotti; e, infine, lo storno dei dipendenti altrui che consiste nell’assicurarsi le prestazioni lavorative di uno o più dipendenti dell’azienda concorrente.

Sebbene la disciplina inerente la concorrenza sleale sia una tutela per le imprese, indirettamente sono tutelati anche i consumatori che, però, non hanno facoltà di agire.

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